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Wednesday, 25 March 2015 17:22
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Caso Muller: sentenza inammissibile del Tribunale tedesco

 

In un precedente articolo ci si era posta una domanda retorica, considerato che la risposta era già a nostra conoscenza: un calciatore professionista può essere vincolato a tempo indeterminato con un club? 

La risposta era ed è ancora un secco no, per fortuna. Pare, tuttavia, che qualche Giudice in Germania la pensi diversamente. 

Come una bomba è stata da poco emessa da un Tribunale tedesco una sentenza che ha dell’assurdo e che sembra voglia cancellare anni di storia giurisprudenziale sul caso. 

 

 

“Gli sportivi vanno considerati come tutti gli altri lavoratori e hanno, quindi, diritto, dopo due anni di lavoro, ad un contratto a tempo indeterminato. Non è quindi da considerarsi valida la scadenza del contratto”. Così ha stabilito il Giudice del lavoro tedesco Ruth Lippa in relazione alla questione portata innanzi al Tribunale dal trentaseienne portiere del Mainz Heinz Muller.

Alla scadenza del contratto l’”esperto” portiere ha pensato bene di imporre alla sua ex società la sottoscrizione di un contratto a tempo indeterminato. La risposta della società tedesca è stata, ovviamente, un fermo no anche sulla scorta di tutta la normativa in vigore, sia statale che sportiva, e delle numerose precedenti sentenze.

   

Quel che viene da pensare è che l’illustre Giudice adito, non si sa per quale motivo, abbia voluto ignorare un orientamento ormai consolidato e che trova la sua logica in anni di lotte tra le aule di udienza dei Tribunali sportivi o non.   

 

In un periodo storico dove il tasso di disoccupazione ha raggiunto livelli estremi ed il lavoro precario è l’unica forma di impiego, una sentenza del genere potrebbe addirittura sembrare una imprevista boccata d’aria. In un calcio malato dove i calciatori “bandiera” sembrano essere ormai spariti, un esempio di legame perpetuo come quello richiesto da Muller al Mainz, a chi non è del settore, potrebbe anche apparire come un esempio da seguire. Potrebbe.

 

La sentenza, tuttavia, è solo il frutto della confusione e di una evidente scarsa conoscenza della normativa da parte del Giudice tedesco che verrà, senza alcun dubbio, ribaltata in sede di appello, già, peraltro, annunciato dalla società tedesca.

 

Un atleta professionista non può assolutamente sottoscrivere un contratto di prestazioni sportive a tempo indeterminato.

Nell’ordinamento sportivo tale diktat è stabilito dall’art. 18 del Regolamento Fifa sullo Status e sul trasferimento dei calciatori.

Si ricorda che la FIFA è la Federazione internazionale di riferimento per il calcio mondiale. Essa stabilisce la normativa ed i regolamenti che dovranno essere applicati da tutte le Federazioni nazionali, tra le quali anche quella tedesca. Nel Regolamento viene specificamente stabilito che i contratti tra società e calciatori possono avere una durata massima di cinque anni. Qualsiasi clausola che tenti di estendere tale durata sarà nulla.

In Italia, ad esempio, la disposizione l’articolo 18 è stata riversato nell’art. 28 delle Norme organizzative interne della Federazione italiana Giuoco Calcio (Noif). Tale articolo stabilisce che un calciatore professionista, che esercita l’attività sportiva a pagamento con carattere di continuità, può sottoscrivere un contratto con una società sportiva per una durata non superiore alle cinque stagioni sportive, se maggiorenne e non superiore alle tre stagioni sportive, se minorenne.

 

In realtà nulla vieta ad un giocatore di legarsi sostanzialmente “a vita” ad una società. Totti, Del Piero e Maldini ne sono un esempio. 

I giocatori e le società hanno, infatti, la possibilità di rinnovare il contratto sottoscritto senza alcun limite di volte. La norma, tuttavia, impone che per il singolo contratto venga, comunque, rispettato il limite dei cinque anni di durata massima.

 

Pur potendo apparire un paradosso per qualsiasi altro tipo di lavoratore, nello sport professionistico tale divieto rappresenta una delle massime forme di tutela della libertà dell’atleta e, come ogni diritto, la sua conquista è stata il frutto di numerose lotte intestine che ha avuto nella legge n. 91 del 81 e nella nota sentenza Bosman un passaggio determinante.

Prima della rivoluzionaria normativa e della citata sentenza, i giocatori professionisti erano, infatti, sottoposti ad un vincolo a tempo indeterminato con le società di appartenenza indipendentemente dalla durata del contratto economico. Gli atleti non erano altro che un oggetto nelle mani delle società che potevano decidere unilateralmente delle loro sorti, anche dopo la scadenza del contratto economico. 

Se un giocatore avesse voluto trasferirsi in un altro sodalizio non avrebbe potuto farlo se non previo assenso, “pagato”, del vecchio club di appartenenza. Il peso della volontà del giocatore era pari a zero.

 

La nuova normativa ha finalmente offerto agli atleti la libertà di cui erano stati privati per troppo tempo.

 

Nello specifico l’articolo n. 5 della Legge n. 91 del 1981 stabilisce che “il contratto professionistico può contenere l'apposizione di un termine risolutivo non superiore a cinque anni dalla data di inizio del rapporto”. Ad oggi immaginare una inversione di tendenza sulla questione sarebbe quanto meno azzardato e privo di logica.

Analizzate le ragioni tecnico-legali per le quali tale sentenza dovrà essere impugnata, un semplice ragionamento ci aiuta a comprendere il perché della sua irrazionalità. 

 

Il lavoro professionistico sportivo ha la sua specificità che non può essere ignorata. La normativa di settore prevede, infatti, numerose deroghe così come altre norme più restrittive rispetto alla normativa lavoristica ordinaria.

 

Tra gli elementi che più di tutti giocano un ruolo fondamentale in sede di rinnovo del contratto in scadenza vi è di sicuro l’età dell’atleta e, dunque, la qualità delle sue prestazioni. 

 

È, pertanto, facile capire come contrattualizzare un atleta di 36 anni sia di per sé abbastanza controproducente, a meno che non si chiami Francesco Totti o qualche altra rara eccezione.    

 

Avv. Cristian Zambrini (www.studiolegalezambrini.it) 

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